ARTICOLO ESTRATTO DA UNIFIMAGAZINE
[...]Lo studio dell’antico DNA estratto dai resti ossei, intrappolati nei famosi calchi realizzati colando il gesso all’interno dei vuoti lasciati da quei corpi, cambia la storia scritta a partire dalla riscoperta della città nel 1748. In una ricerca internazionale pubblicata su Current Biology, guidata dall’Università di Firenze, dall’Università di Harvard, dal Max Planck Institute di Lipsia, su istanza scientifica del Parco Archeologico di Pompei, le prove del DNA mostrano che i sessi e le relazioni familiari degli individui non corrispondono alle interpretazioni tradizionali che erano state formulate (“Ancient DNA Challenges Prevailing Interpretations of the Pompeii Plaster Casts” https://doi.org/10.1016/j.cub.2024.10.007). [...]
[...]“Questo studio – ha affermato David Caramelli, docente di Antropologia all’Università di Firenze – dimostra quanto l’analisi genetica possa arricchire notevolmente narrazioni elaborate sulla base di dati archeologici. Queste scoperte sfidano interpretazioni di lunga data, come l’associazione dei gioielli alla femminilità o l’interpretazione della vicinanza fisica come indicatore di relazioni biologiche. Ugualmente – continua Caramelli -, i dati genetici complicano le semplici narrazioni di parentela: nella Casa del Bracciale d’Oro, che è l’unico sito per il quale abbiamo dati genetici di più individui, i quattro individui comunemente interpretati come genitori e i loro due figli, in realtà non sono geneticamente imparentati”. [...]
Del Dip. di Biologia:
David Caramelli, Elena Pilli, Stefania Vai, Stefania Morelli, Martina Lari, Alessandra Modi, Maria Angela Diroma
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